Taccuino d’Autore

Lo sguardo del Festival sul mondo

Un editoriale per analizzare i temi di attualità, per scardinare luoghi comuni, per parlare di libri e di letteratura e per fare fluire il pensiero. Libero, mai costretto tra parentesi, personale. Per dirvi di più di Taobuk, anche attraverso i ricordi degli autori che in questi 13 anni hanno lasciato un segno indelebile nella memoria del festival, ognuno con la sua weltanschauung, una visione del mondo sempre filtrata dalla lente letteraria. Appunti su un taccuino di viaggio, come amava fare Hemingway, per avvicinarsi al tema della 14esima edizione del festival. Accanto all’editoriale firmato da me, leggerete anche il punto di vista degli scrittori, degli intellettuali e dei giornalisti vicini a Taobuk e di tutti coloro che in questo festival hanno qualcosa da dire.

D’altronde, la letteratura veicola messaggi, è espressione di sentimenti individuali e di significati collettivi perché nasce dal singolo e lo trascende. Ed è proprio questa l’anima di Taobuk, che è insieme contenitore e megafono delle arti, intersecando le traiettorie del pensiero e consegnandole all’esterno sotto forma di discussione critica. Per instillare domande, accendere riflessioni, puntare i riflettori su fenomeni e criticità del nostro tempo. La parità di genere, ad esempio. Un tema percepito sempre più come un’urgenza tanto dalla società civile, quanto dalla comunità artistica e letteraria.

La scrittrice statunitense Joyce Carol Oates nel suo ultimo libro “Babysitter” (La Nave di Teseo), presentato in anteprima a Taobuk lo scorso 18 giugno, indaga il tema della violenza domestica e denuncia il sessismo della società americana con una prosa cristallina, cruda, che scava nella psiche della protagonista, Hanna, scivolata dentro una spirale di bugie e violenza da cui non riesce a divincolarsi perché, come scrive Oates, “è come se fossimo tenuti in ostaggio dentro le nostre vite. Dentro la nostra pelle bianca”.

È stata sfigurata dopo che l’ex marito le ha dato fuoco Valentina Pitzalis, ma non per questo ha perso la speranza e, nel 2014, ha raccontato a Taobuk il suo coraggio: “Ho compreso che di fronte alle avversità, di fronte a tragedie come la mia, la cosa che conta è trovare la forza di reagire. Ho scelto di reagire, ho scelto di vivere, ho scelto di cercare di essere un esempio per chi crede di non avere quella forza dentro di sé”. Parole che non possono lasciare indifferenti, affidate a un libro – “Nessuno può toglierti il sorriso” (Mondadori) che è un inno a rialzarsi.

“Siamo tutte state cresciute come Cappuccetto rosso, ci hanno spiegato che dobbiamo attraversare il bosco a testa bassa, stando ben attente al lupo. Ci hanno insegnato che la nostra migliore difesa è la sottomissione”. Lo scrive la giornalista e ambasciatrice del vino negli Stati Uniti, Laura Donadoni, nel libro che ho avuto il piacere di presentare qualche giorno fa alla Biblioteca comunale di Taormina. Si intitola “Intrepide. Storie di donne e di vino e libertà” (Slow Food editore) ed è un grido collettivo contro gli stereotipi di genere che si alza attraverso 12 storie di donne del settore. Ma è anche un invito a non ergere barricate, escludendo gli uomini. Perché prima di ogni etichetta identitaria, siamo persone.

 

Non solo la letteratura, anche l’arte visiva si fa manifesto delle rivendicazioni sociali e dell’emancipazione femminile. Lo è stata non solo con le sue foto, ma con tutta la sua esistenza Letizia Battaglia, che nel 2016 è stata protagonista di una mostra a Taobuk. Inseguiva la vita, lei che la morte l’aveva fotografata per le strade di Palermo. Ha scelto la libertà, lasciando presto la sua famiglia per sposarsi ragazzina, si è separata, si è inventata un mestiere, quello di fotografa, che non era nei suoi progetti, e ha vissuto intensamente. Fino all’ultimo giorno.