Marco Polo e il senso del viaggio

L’8 gennaio di 700 anni fa moriva l’autore de “Il Milione”, che cambiò per sempre la nostra percezione del viaggio.

Io credo che era volontà di Dio che dovessimo tornare indietro dal nostro viaggio, in modo che gli uomini potessero conoscere le cose che sono nel mondo”.

A distanza di 700 anni dalla sua morte riecheggiano oggi, come un faro acceso sul mondo, le parole di Marco Polo, il grande viaggiatore veneziano vissuto tra il 1254 e il 1324 che svelò l’Oriente agli occidentali, cambiando per sempre la nostra percezione del viaggio. Il suo libro, Il Milione, non contiene solo le sue memorie di un cammino lungo 24 anni, ma è anche uno straordinario affresco storico-geografico che si sovrappone alla visione mitizzata della Cina frutto della cultura medievale.

Prima di Marco Polo, l’Oriente, affascinante e lontano, era un mistero che suscitava diffidenza e ispirava leggende. Alessandro Magno era arrivato fino alle rive dell’Indo, i Romani ufficialmente si erano fermati prima delle terre tenute dai Parti. Per gli scrittori medievali, in Asia vivevano uomini cane, astomi (senza bocca), unipodi (con un piede), blemmi (col volto nel petto), uomini per metà capra, ippopodi (uomini con i piedi di cavallo) e grifi, unicorni e cannibali.

Marco Polo, come un buon cronista di viaggio, come lo storico Erodoto, come Freya Stark e Tiziano Terzani, sgretola questo muro di ignoranza, riempie di stupore gli occidentali e per la sua Venezia apre una strada, che oggi chiameremmo Via della seta, non solo per mercanteggiare, ma anche per missionari, per relazioni sociali e culturali: libera la Cina dal velo d’ignoranza e la svela agli europei le meraviglie dell’Oriente, dall’Armenia al deserto del Gobi.

Si viaggia per esplorare l’ignoto, per conoscere culture diverse, per aprire la mente e conoscere se stessi attraverso il confronto con l’altro, con il diverso.

Il viaggio è, per questo, un tema ontologicamente connesso con Taobuk, che è per sua natura stessa un itinerario multidisciplinare nelle Lettere e nelle Arti affidato alla voce dei suoi protagonisti internazionali, e con il suo palcoscenico da ormai 14 anni, Taormina. Isola nel cielo per usare il titolo del libro di Toto Roccuzzo edito da Mainone, sospesa alle porte del Mediterraneo, crocevia dei popoli e meta prescelta da Goethe, Oscar Wilde, David Herbert Lawrence, Tennessee Williams, Truman Capote, Greta Garbo.

Grandi scrittori, artisti, intellettuali e star di Hollywood che hanno espresso e condotto ai massimi livelli quel naturale dialogo tra le varie discipline artistiche che Taobuk ha sempre celebrato e incarnato, proponendosi come una rassegna letteraria di respiro cosmopolita. Come una nave che, partendo da Taormina, approda ogni volta in uno spazio culturale diverso, navigando mari fatti di libri, di arte e di spettacolo, salpando per terre straniere in uno straordinario giro del mondo in cinque giorni che proietta la città in una dimensione spazio-temporale universale, quasi mitica, eppure concreta e viva grazie alle voci dei protagonisti del festival, eccellenze che ogni anno scelgono Taormina per tutto quello che rappresenta e torna ad essere durante Taobuk, nel segno di una vocazione letteraria cosmopolita che l’è sempre appartenuta.

Come i libri, del resto anche i luoghi hanno la capacità di raccontare storie, pagine da sfogliare una dopo l’altra alla ricerca del genius loci, dell’anima profonda.

Non è un caso che, ormai dieci anni fa, sia nato il progetto realizzato da Taobuk, Taormina cult, un circuito culturale permanente in 21 tappe alla scoperta dell’identità culturale dei luoghi di quella che appare essere sempre più una “città-mito” già tappa del Grand tour e oggi brand internazionale capace di attrarre ogni anno turisti e intellettuali da tutto il mondo. Come la Venezia di Marco Polo, Taormina è metafora di viaggio e scrigno di bellezza, di arte e di cultura.