Il nostro addio a Paul Auster, il cantore esistenziale di New York

La lezione immortale dello scrittore americano, protagonista a Taobuk nel 2022, insieme allo scrittore Michel Houellebecq e al Presidente della Repubblica Sergio Mattarella.

Ci sono uomini in grado di lasciare un segno indelebile. Come se marchiassero a fuoco, con la loro esistenza, lo spazio e il tempo. Scrittori, poeti, intellettuali, le cui vite, come illuminate dall’alto da un disegno divino, sono destinate a cambiare il corso delle cose, a creare varchi di conoscenza, a segnare un prima e un dopo. E ad essere consegnate alla storia, allergiche alla morte e votate all’eternità. Paul Auster, scultore del caso, è uno di loro.

Scrittore, saggista, poeta, sceneggiatore, regista, attore e produttore cinematografico, ha saputo raccontare New York come nessun altro, incidendo con la sua penna tagliente e visionaria alcune delle pagine più alte della letteratura contemporanea. Con quella sua “gioia demoniaca” di scrivere che turba, disturba e conturba, la mente affilata e lo sguardo mai pago. E ora che non c’è più, il mondo perde uno dei suoi cantori. E noi di Taobuk, che abbiamo avuto l’onore di ospitarlo due anni fa, ci sentiamo un po’ orfani di questo gigante della letteratura, autore di opere immortali come “La trilogia di New York”.
Era il 18 giugno del 2022, un giorno che non potremo mai dimenticare, quando Paul Auster, sul palco del Teatro Antico di Taormina, davanti a una platea in religioso silenzio, ha ricevuto il Taobuk Award for Literary Excellence, dopo aver dialogato con Antonella Ferrara, presidente e ideatore del festival.
Quell’anno, il tema era la verità e tra gli ospiti c’erano anche il presidente della Repubblica Sergio Mattarella e un’altra pietra miliare della letteratura, Michel Houellebecq.

“La verità è impossibile da definire, ci sono verità scientifiche che mutano e verità religiose nelle quali uno sceglie di credere o si può scegliere di non credere a nulla. È come una barzelletta la ricerca della verità: si scala una montagna per trovarla e si ottiene in risposta a una battuta spiritosa”. Sapeva sempre cosa dire, Auster, e aveva le parole giuste per farlo. Generoso, solo come i grandi sanno esserlo, a Taobuk non ha lesinato parole, riflessioni, si è concesso alle domande del pubblico e dei giornalisti anche nelle altre due occasioni che lo hanno visto protagonista: al San Domenico Palace Hotel in dialogo con Giorgio Van Straten e a piazza IX aprile con Elvira Terranova. Eventi straordinari, densi di significato, impressi nella memoria. Un’atmosfera al contempo amicale e solenne, con la più alta carica dello Stato, Mattarella, e luminari della letteratura e delle arti, come Auster, Houellebecq, Giorgio Parisi, Emilio Isgrò, a scambiarsi idee e a scrivere la storia.

Hanno deciso di farlo a Taobuk, unico festival italiano che nel 2022 ha ospitato il grande scrittore americano scomparso due giorni fa, le cui parole adesso riecheggiano nelle nostre menti, scolpite anche sulle pagine di Sette, il settimanale del Corriere della Sera, in una bella intervista a firma del giornalista Luca Mastrantonio. A Taormina, Auster ha dispensato insegnamenti, instillato riflessioni, condiviso Weltanschauung, esternato timori, tracciato vie da percorrere, accendendo un faro anche sugli Stati Uniti. E creando, così, un ponte ideale del libero pensiero tra il Vecchio e il Nuovo Continente.

“La mia America – ha osservato lo scrittore – ha un distorto e problematico legame con la verità dovuto alla propaganda e alla manipolazione mediatica che tende a occultare e spacciarne altre come autentiche. Le persone, come quelle di 1984 di Orwell, sono disposte a credere che due più due è uguale a cinque, se lo sentono ripetere più volte e così tutti sono pronti a credere che possa trattarsi di una cosa vera. Se le persone intorno a te credono che due più due faccia cinque, sostenere che due più due faccia quattro ti fa sentire escluso e va a finire che anche tu inizi a credere che forse è vero”.

Ma la malattia dello sguardo contemporaneo è anche cancellare le verità scomode. “Il mio Paese, ad esempio – ricorda Auster – si fonda su due crimini orribili: lo sterminio delle popolazioni indigene, i Pellerossa, e la schiavitù delle popolazioni africane. Verità che gli Usa non hanno mai voluto affrontare fino in fondo vivendo un rapporto falsato con la nostra storia”.
La storia. Una parola che da sola è priva di senso. Perché è fatta dagli uomini e dalle donne che la percorrono. Alcuni la segnano, sfidano il tempo, sopravvivono con le loro opere alla morte. Ecco perché, in qualche modo, Paul Auster non se n’è mai andato. Semplicemente, non può. Come tutti i più grandi, è eterno.

Rivivi i momenti più belli di Paul Auster al Taobuk 2022