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ROBERTO RIMINI, UN IDILLIO PITTORICO CHE HA NOME TAORMINA

Roberto Rimini nacque a Palermo il 24 marzo 1888 ma passò molto tempo a Catania, dove villeggiava con la famiglia in contrada Barriera del Bosco. Qui frequentò l’amico Giuseppe De Logu divenuto in seguito Direttore dell’Accademia di Belle Arti di Venezia, dove lo stesso Rimini avrebbe trascorso una parte della sua via.
A diciassette anni, nel 1905, si iscrisse all’Istituto di Belle Arti di Napoli, dopo aver abbandonato studi tecnici, e proseguì poi la sua formazione a Venezia e a Roma dove si guadagnò gli elogi dell’autorevole storico dell’arte Adolfo Venturi.
Finita la guerra tornò a Catania, in quel momento al centro di un grande fermento culturale, conoscendo e frequentando, negli anni a venire, molti dei più importanti scrittori dell’epoca, quali Giovanni Verga, Federico De Roberto, Ercole Patti e Vitaliano Brancati.
Rimini si ritirò per lunghi periodi nel paese di Zafferana, alle falde dell’Etna, insieme ai suoi amici e scrittori Natale Scalia e Federico De Roberto che curò l’introduzione del catalogo di una sua mostra personale del 1927.
Dal 1927 al 1934 risiedette a Taormina, presso l’Hotel Villa Le Terrazze in Corso Umberto I 172, dove aprì il suo studio di pittura. A Taormina la sua produzione pittorica lo portò a realizzare molti paesaggi e diverse opere sulla vita agreste, come “La trebbia” (1928) o “Al pozzo” (1930).
La sua attenzione si concentrò anche sulla semplice vita quotidiana della popolazione locale e se temi come la famiglia, il lavoro agreste e marinaresco. Realizzò anche pregevoli nature morte.
Il pittore trovò a Taormina quell’idillio che andava cercando, un mondo lontano da traumi sociali, dove i contadini vivano in totale simbiosi con le terra e con i suoi ritmi. In quest’idillio non c’è spazio per tensioni sociali, non c’è rabbia, disperazione, odio e violenza. Gli sforzi e la fatica dei contadini e dei pescatori sono il sintomo della più serena adesione alla vita.
Sono forti i richiami alla grande letteratura, distintamente apprezzabili nell’opera del pittore: “lo scialle nero” è, infatti, il titolo di una sua opera che costituisce un’ allegoria della morte ed è chiaramente evocativa dell’omonima raccolta di novelle di Luigi Pirandello.

Alcune delle opere realizzate a Taormina divennero parte delle collezioni degli Hotel Timeo, Villa S. Pietro e Mediterraneo, altre vennero acquistate da collezionisti privati del luogo.
Rimini trascorse la vita tra Catania ed il borgo di pescatori di Acitrezza, celebre per essere il luogo della “Casa del Nespolo” presente ne “I Malavoglia” di Giovanni Verga, altra figura di grande scrittore del quale Rimini fu amico e di cui condivise a tal punto gli ideali e la poetica da essere considerato il suo alter-ego pittorico. Restano due ritratti che Rimini fece a Giovanni Verga e che testimoniano le sue grandi qualità di ritrattista.

Espose alla Biennale di Venezia e numerosissime furono le sue personali. Proprio per una di queste, lo scrittore Vitaliano Brancati ebbe a scrivere: «Sembra che Rimini abbia avuto l’incarico di illuminare i quadri degli altri».
Morì ad ottantatrè anni il 16 febbraio 1971.