Taormina, ombelico culturale della Sicilia, è depositaria di Storia e storie.
Delineata e popolata, nello spazio geografico e temporale, da miti, narrazioni, artisti, affabulatori e sognatori che hanno lasciato ai posteri emozioni e il potere di rievocarle. La città, edificata da coloni greci, oltre due millenni fa, rivolge il suo sguardo ad est, all’isola di Naxos, da cui nell’VIII secolo A.C. erano partiti i “padri” fondatori.
Radice e visione la connotano, ne segnano il destino nel cuore del Mediterraneo.
Una breve rassegna di impressioni, riportate da illustri viaggiatori, trasforma il suo “genius loci”, da spirito senza tempo in identità evolutiva fedele a se stessa. Fra i più famosi intellettuali del “Gran Tour”, Goethe, affacciandosi sulla cavea, in piena temperie romantica, esclamò: “Mai, forse, un pubblico, in teatro, trovò davanti a sé simile prospettiva”. Qualche decennio dopo, ebbe a dire Alexandre Dumas padre: “La vista di Taormina ci mandò in estasi”.
Nel secolo successivo, il premio Nobel John Steinbeck: “Ammiriamo il monte Etna che è sovrastato da una nuvola nera. Penso che gli dei stiano facendo una riunione lì”. E ancora, la giornalista americana Frances Elliot: “Il ricordo mi rende malinconica. Ora capisco perché gli dei hanno tanto amato questa città”.
Taormina ha ricevuto in eredità un’identità complessa e sfaccettata, frutto di sedimentazioni diventate linfa creatrice, di cui il Festival è testimonianza iconica.
In dodici anni si è guadagnato un ruolo di primo piano anche nell’impegno impegno civico declinato in favore della pace, della libertà e del dialogo fra i popoli in una Sicilia che, secondo le parole di Abraham Yehoshua, ha la “responsabilità storica” di guidare il dialogo fra le civiltà mediterranee.
Nel 2017, ricevendo il Taobuk Award, lo scrittore israeliano si è così espresso: “Nonostante le differenze religiose ed economiche tra le nazioni che si affacciano sulle coste del Mare Nostrum, sarebbe a mio parere possibile, e pure necessario, trovare un denominatore comune che le unisca e che infonda un vero senso di appartenenza”.
Il Teatro Antico, palcoscenico nel palcoscenico
tempio laico di tragedie figlie di razionalità e passione, assurge ad emblema di un’attività poietica che Taormina porta inscritta nel suo Dna immateriale e architettonico.
Il Festival è sbocciato nella Perla del mar Ionio dove ha trovato terreno fertile. Città vocata ad Oriente, ma radicata ad Occidente, attraverso Taobuk è riuscita a trasformare il pluralismo in armonia sinfonica del pensiero, vero ed unico viatico per quella pace cui gli uomini anelano.
Aspirazione purtroppo frustata ogniqualvolta prevale il dogmatismo, spazzato via qui, a Taormina, dalla brezza incantata che soffia fra le strade, i tavolini, su pietre e mura millenarie.