Un editoriale per analizzare i temi di attualità, per scardinare luoghi comuni, per parlare di libri e di letteratura e per fare fluire il pensiero. Libero, mai costretto tra parentesi, personale. Per dirvi di più di Taobuk, anche attraverso i ricordi degli autori che in questi 13 anni hanno lasciato un segno indelebile nella memoria del festival, ognuno con la sua weltanschauung, una visione del mondo sempre filtrata dalla lente letteraria. Appunti su un taccuino di viaggio, come amava fare Hemingway, per avvicinarsi al tema della 14esima edizione del festival. Accanto all’editoriale firmato da me, leggerete anche il punto di vista degli scrittori, degli intellettuali e dei giornalisti vicini a Taobuk e di tutti coloro che in questo festival hanno qualcosa da dire.
D’altronde, la letteratura veicola messaggi, è espressione di sentimenti individuali e di significati collettivi perché nasce dal singolo e lo trascende. Ed è proprio questa l’anima di Taobuk, che è insieme contenitore e megafono delle arti, intersecando le traiettorie del pensiero e consegnandole all’esterno sotto forma di discussione critica. Per instillare domande, accendere riflessioni, puntare i riflettori su fenomeni e criticità del nostro tempo. La parità di genere, ad esempio. Un tema percepito sempre più come un’urgenza tanto dalla società civile, quanto dalla comunità artistica e letteraria.
La scrittrice statunitense Joyce Carol Oates nel suo ultimo libro “Babysitter” (La Nave di Teseo), presentato in anteprima a Taobuk lo scorso 18 giugno, indaga il tema della violenza domestica e denuncia il sessismo della società americana con una prosa cristallina, cruda, che scava nella psiche della protagonista, Hanna, scivolata dentro una spirale di bugie e violenza da cui non riesce a divincolarsi perché, come scrive Oates, “è come se fossimo tenuti in ostaggio dentro le nostre vite. Dentro la nostra pelle bianca”.